Schlagstrom Festival Day 2: 16/08/2008 @ Maria am Ostbahnhof – Berlin (D)

Sabato vuol dire alzare il volume (e di brutto anche), bassi che facevano fremere persino il naso.
Un volume che però per tutte le performance della prima parte della serata non è servito a molto vista la ripetitività nello stile e nelle forme musicali/rumorose.
Un piccolo ritardo lascia sfuggire il breakcore di Jamez Dean e io mi continuo a chiedere perché mai non sia stato messo più in là nella scaletta della serata.

Vinyl Terror and Horror è un duo al femminile che si esprime tramite lamenti di vinili spezzati, basse frequenze, atmosfere statiche, frequenze disturbate, un tappeto noise di sottofondo, scariche improvvise…

Gli ungheresi Interzone Inc. propongono un noise creato sia da macchine, sia da strumenti tradizionali (chitarra, batteria…); la ritmica è molto possente, ma tutto ciò che riguarda l’aspetto armonico viene oscurato da una voce maschile effettata, che però si rivela troppo presente nei singoli pezzi.
L’orecchio è portato a concentrarsi sull’aspetto vocale e quando è così predominante c’è il pericolo che ogni pezzo risulti uguale, con la stessa cadenza e gli stessi suoni.
In questo caso era quasi impossibile focalizzarsi su ciò che “stava sotto”.

Dr. Nexus è ormai un ospite fisso allo Schlagstrom, ma quest’anno non ha apportato molte modifiche al suo apparato macchinario.
Il set noise proposto è stato meno ricco e meno turbolento di quello a cui ci aveva abituati; sequenze lineari che talvolta vengono spezzate all’improvviso, ma nel complesso la performance rimane piuttosto statica.

Metal Music Machine è un progetto che nasce dalla fusione di due cuori dei Pankow e dei Templebeat e che prende il nome da un album di Lou Reed.
Anche qui troviamo un uso troppo invadente e monotono della voce (testi in italiano) e come sottofondo chitarre distorte, il ritmo pari viene tenuto dalla batteria.
Il risultato può essere interessante ma dopo un paio di pezzi la struttura musicale/vocale rimane la stessa e si penetra in un tessuto piuttosto monotono.

Nella sala attigua a quella principale ci attende fortunatamente un simpatico individuo, aka Mechanical Orchestra Project.
Il nome potrebbe far venire in mente una miriade di immagini su come potrebbe essere formata un’orchestra meccanica, ma penso che vedere le creazioni di quest’uomo sia un’esperienza che stupisce ogni realtà immaginativa.
Le macchine sono tutte autoprodotta da rottami e diversi materiali, geniali sono le due braccia meccaniche e la maschera/vocoder con sensori attaccati dappertutto. Ogni minimo rumore viene amplificato e rende l’idea di quanto sia piccola la nostra soglia di percezione delle vibrazioni; anche muovere un braccio in realtà genera un suono, ma con la normale coscienza non ce ne rendiamo conto.
Ancor più geniale è l’androide tramite il quale si può suonare una chitarra e creare dei loop e la batteria sempre comandata tramite un’altra macchina.
C’è persino una cravatta che si suona come una mini lira!

Metterei Greyhound e Geistform in una posizione simile, o per dirla in altre parole, attribuirei ad entrambi lo stesso punteggio (in termini di performance della serata).
Senza dubbio un live potente, noise ritmico che comincia a scaldare un po’ gli animi nel pubblico e che porta verso la seconda ed ultima parte della serata, quella più intensa.
Suoni gracchianti, bassi che trafiggono, scompongono e ricompongono il corpo, ma la dimensione musicale non è mutevole, non riesce a decollare e rimane su una linea piatta senza alzarsi od abbassarsi.

Monolith e Architect rappresentano un’accoppiata davvero azzeccata, ognuno porta un’esperienza musicale leggermente diversa, Monolith più cupa e ritmata, Architect più spezzettata e ampia. L’incontro non può che fare scintille.
Il suono è di ottima qualità, il ritmo è intenso e va verso un crescendo che sembra tendere all’infinito, come un universo destinato ad espandersi per sempre a velocità sempre maggiore.
La struttura musicale è molto ricca ed è gestita con la massima cura fino al minimo particolare; non esiste più una prospettiva sonora, ogni suono ha importanza nel tessuto musicale e si viene attraversati da questo fiume cristallino.
Il set però non può durare più del previsto a causa degli orari del festival e Architect rimane a bocca asciutta (e anche noi!).

Non ci si dispera per molto, poiché il seguito non sarebbe stato da meno.
Ah Cama Sotz insieme a Dj Igor (ottimi remix) è un altro duo interessante e di grande creatività.
L’arrangiamento in questo caso è curato ed eclettico nei suoni, ma presenta una variante più sottile e mistica che riesce a far concludere in bellezza la serata.
Via via che la musica scorre senza imperfezioni il corpo si muove sempre con più intensità; anche i movimenti si fanno circolari e si entra in un loop di noi stessi come a voler prendere e buttare fuori tutto ciò che è arrugginito, vecchio, le zavorre che non ci fanno camminare liberi.
Voglia di essere liberi ed energia che si fanno più forti ad ogni movimento.

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